Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge nasce dall'esigenza, ormai da tutti sentita, di migliorare la qualità della vita operando un controllo della salute e una prevenzione delle malattie su tutta la popolazione.
      L'azione di promozione della salute non può essere svolta meglio che nell'età dell'infanzia e della giovinezza, periodi che si trascorrono a scuola; attraverso la scuola è quindi possibile raggiungere la stragrande maggioranza dei cittadini di quell'età. La tutela della salute ha assunto, inoltre, un ruolo centrale non solo dal punto di vista sanitario ma anche da quello politico, etico e religioso, per cui la scuola non può disinteressarsi ad essa.
      Nel presente progetto di legge abbiamo usato l'espressione «promozione della salute» per significare che questo compito, assegnato alla scuola, ha un valore chiaramente positivo: promuovere più che prevenire, imparare a star bene più che a difendersi dal male. Nella sostanza e nella pratica cambia poco; si vuole in questo modo sottolineare il diverso spirito con cui si intende affrontare il problema.
      Da anni su questo argomento si svolgono convegni, vengono pubblicati articoli, sono state anche avanzate diverse proposte di legge, ma il problema risulta affrontato solo marginalmente e per nulla risolto.
      E anche dalla base crescono le richieste di questo tipo di intervento da parte della sanità.
      In proposito sembra opportuno richiamare qualche precedente storico. Nella prosa legislativa italiana il termine «medicina scolastica» compare per la prima volta nel decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 1961, n. 264.

 

Pag. 2


      Prima di allora, ed esattamente il 1o ottobre 1955, il Ministero della pubblica istruzione con circolare n. 28 aveva richiamato l'attenzione dei presidi sull'opportunità di scegliere un medico cui far visitare gli alunni che frequentavano le lezioni di educazione fisica, a seguito della morte di un alunno di Pinerolo (Torino) che partecipava ad una corsa campestre. A questa raccomandazione del Ministro aderirono ben 2.800 scuole, impegnando 2.600 medici. Gli stessi dettero anche vita a un sindacato (SIMASS) che si riunì per la prima volta in congresso a Salerno l'11 gennaio 1963.
      Il Ministero sostenne queste iniziative concedendo un sussidio-opere di lire 25.000 (si era nel 1955) ad ogni istituto che «montava» un ambulatorio medico; il resto del costo veniva lasciato a carico della cassa scolastica. Negli anni successivi, presso ogni provveditorato fu creato un posto di coordinatore medico e il Ministero stesso istituì un posto di ruolo di «ispettore centrale medico».
      Ben sei università (Torino, Pavia, Padova, Bari, Napoli e Messina) crearono dei corsi triennali di specializzazione in medicina scolastica, il cui esame finale dava il titolo di «specialista».
      Questa stessa specializzazione può essere richiesta secondo quanto previsto nell'articolo 3, comma 1, del presente progetto di legge.
      Il 25 gennaio 1965, in un convegno del sindacato SIMASS, l'allora Ministro Gui dichiarava: «la Pubblica istruzione ha creato migliaia di ambulatori nelle scuole, ha condotto migliaia di corsi di correttiva, ha portato a compimento studi e ricerche psico-orientative in centri appositamente creati, ha speso molti miliardi, alcune università danno legalità scientifica ufficiale a medici specializzatisi in medicina scolastica; finalmente ha reperito 6 miliardi e 700 milioni per organizzare e mettere ordine definitivamente a tutto questo nobile lavoro, a mettere l'Italia all'altezza delle nazioni più evolute».
      Ma il Ministro Gui non andò (o non potè andare) al di là di queste parole. Il 31 ottobre 1967, con circolare n. 390, il Ministero della pubblica istruzione passò a quello della sanità i 6 miliardi e 700 milioni del riportato discorso del ministro Gui. La Sanità emise anche un regolamento in 56 articoli, ma questi risultarono così affastellati che non lo resero applicabile. Si vanificò così tutto quanto era stato costruito in tredici anni, dagli ambulatori scolastici ai corsi universitari di specializzazione.
      Per arrivare a tempi più recenti, è opportuno ricordare la legge 26 giugno 1990, n. 162, che all'articolo 26, sostitutivo del titolo IX della legge 22 dicembre 1975, n. 685, così recita: «1. Il Ministero della pubblica istruzione promuove e coordina le attività di educazione alla salute e di informazione sui danni derivanti dall'alcoolismo, dal tabagismo, dall'uso delle sostanze stupefacenti o psicotrope, nonché dalle patologie correlate.
      2. Le attività di cui al comma 1 s'inquadrano nello svolgimento ordinario dell'attività educativa e didattica, attraverso l'approfondimento di specifiche tematiche nell'ambito delle discipline curricolari».
      La legge n. 162 del 1990, in sostanza, mette a fuoco un aspetto del problema, quello dell'assunzione di sostanze nocive, ma poi rimanda la trattazione alle materie curricolari, senza prevedere l'intervento di esperti. Da allora il Ministero della sanità, e poi della salute, si è limitato ad impartire direttive alle aziende sanitarie locali (ASL) per sollecitare gli interventi degli operatori sanitari nelle scuole; si è trattato di fatti occasionali non regolati da una legge organica né tantomeno si è più parlato di istituzionalizzare la figura del medico scolastico, forse a causa di problemi di bilancio. Oggi, a nostro avviso, si tratta di riaffrontare il problema e di attivarsi per vedere quando un «evento morboso» possa essere prevedibile e perciò stesso evitabile. E non sembrano esserci strutture più indicate della scuola ove questa opera possa essere svolta con efficacia. La scuola è un luogo di passaggio obbligato per tutti e perciò l'unica struttura ove eventi morbosi, quali difetti di vista, di udito, malformazioni ossee eccetera, possono essere accertati e
 

Pag. 3

tenuti sotto controllo con riferimento all'intera popolazione. Ma soprattutto nella scuola è possibile informare e istruire i futuri cittadini sulla cura della propria persona ed educarli a un comportamento socialmente e personalmente corretto che, invece, si elude con l'assunzione, ad esempio, di sostanze allucinogene.
      Quanto ai campi elencati all'articolo 2, comma 1, del presente progetto di legge, si riscontrano ancora nella società forti carenze di informazione e prevenzione. L'igiene, ad esempio, come oggetto di studio si trovava nei programmi dell'ex istituto magistrale, ma era ridotta quasi esclusivamente a semplici consigli pratici da comunicare ai bambini.
      Una corretta alimentazione è troppo spesso ignorata con grave danno per una crescita sana e per un corretto sviluppo dei sistemi e degli apparati, particolarmente di quello circolatorio.
      Un attento esame sullo sviluppo osseo permette di prevenire le malformazioni, in particolare, della colonna vertebrale e di abituare i giovani ad una maggiore correttezza dei movimenti.
      L'intervento di uno psicologo (su richiesta del medico scolastico) può servire a sbloccare situazioni di difficoltà relazionali e personali. La mancanza di una corretta informazione scientifica sulla sessualità porta al nascere di tabù e curiosità morbose soddisfatte, poi, dalle persone meno indicate e nei luoghi meno adatti. Il problema della informazione sessuale, da decenni, viene dibattuto nella scuola, ma finora è risultato relegato a sporadici interventi concordati tra docenti volenterosi e qualche consultorio familiare. In realtà i programmi scolastici prevedono la possibilità di approfondire questi argomenti nell'ambito di alcune materie; ma la genericità e la marginalità di queste tematiche hanno spinto i docenti a sottovalutarle, non sentendosi all'altezza del compito.
      Una più puntuale informazione deve perciò essere svolta da personale specialistico al fine di allontanare il pericolo di contagi e di trasmissione di un male particolarmente allarmante, quale l'AIDS, causa di tristi e tragici episodi che coinvolgono sia le famiglie che la società e l'ordine pubblico.
      L'importanza che i ragazzi conoscano le norme elementari di pronto soccorso viene ribadita in tante disposizioni educative e sanitarie, ma anche in questo campo siamo rimasti sull'episodico e sul volontaristico (ad esempio gli interventi della Croce rossa italiana).
      Il rapporto con l'ambiente, teorizzato e sbandierato da tante associazioni, merita una riflessione più pacata e scientifica, al di là di una propaganda strillata. Solo la scuola, lungi da interessi personalistici o di parte, può offrire una corretta informazione.
      Chiaramente i programmi per questi interventi, da suddividere nei vari anni di corso, senza entrare in un curriculum scolastico rigido, debbono essere decisi e concordati a livello di istituto o, più opportunamente per una articolazione più efficace, a livello di distretto, tenendo nel debito conto sia le esigenze locali che le direttive emanate ogni anno dal Consiglio superiore di sanità. Si comprendono, in questo particolare momento, le obiezioni che potrebbero essere addotte per la mancanza di una copertura di bilancio; ecco perchè la presente proposta di legge prevede la convenzione con le ASL dietro pagamento di una piccola somma (2,5 euro al mese) da parte delle famiglie, anche al fine di responsabilizzare maggiormente gli utenti e far loro comprendere che la salute è un bene da tutelare ad ogni costo. A lungo andare i benefìci si faranno sentire sia in termini di riduzione delle malattie sia in termini economici: aver speso qualcosa oggi nel promuovere la salute nella scuola significherà domani avere una società più sana, fisicamente e moralmente, e poter destinare le somme risparmiate alla ricerca e al miglioramento dei servizi.
      Inoltre, si offrirebbe così ad almeno 15.000 medici l'opportunità di trovare una occupazione in un momento, come quello che viviamo, in cui i disoccupati forniti di laurea e diploma hanno raggiunto cifre impressionanti.
 

Pag. 4